Un’intuizione in classe: Dante è un vicino di casa che ha ancora qualcosa da dirci di bello e di vero, occorre una guida e un cuore in ascolto. La storia di “Dante in rete”
“Dante in rete” non è un’associazione, non ha uno statuto, gli aderenti non pagano una quota di iscrizione, non ha una sede legale. Eppure “Dante in rete” da quindici anni, quasi in sordina, senza clamore, senza pubblicità, ma supportato da tanti fatti, da entusiasmo, passione, lavoro serio, gratuità e creatività, continua a diffondersi, a ottenere riconoscimenti e attenzione.
Allora, che cos’è “Dante in rete”? È una libera aggregazione di docenti che nasce a Ravenna nel 2003 dall’intuizione di una “prof”, fra i banchi di scuola, ben presto sostenuta da numerosi insegnanti, animati dal desiderio di accompagnare gli studenti a incontrare non solo la grande poesia di Dante Alighieri, ma anche il Dante maestro, il Dante uomo. Una “avventura” dantesca, nata in maniera impensata e impensabile, da due circostanze apparentemente banali.
Il primo episodio è un caffè bevuto con un collega di Firenze, in un afoso pomeriggio di agosto, lungo la costa romagnola. Il docente di storia dell’arte toscano propone alla prof ravennate un progetto dantesco fra le loro due scuole. L’insegnante ascolta incuriosita l’inusuale proposta, che giudica se non temeraria, quanto meno eccentrica. Un “nota bene”: in quegli anni Dante non era così diffuso come oggi fra il largo pubblico; in molte scuole superiori gli insegnanti avevano iniziato addirittura ad accantonarlo, se non a eliminarlo, dai loro programmi.
Il secondo fatto: negli stessi anni don Luigi Giussani, considerato dalla prof, per l’esperienza vissuta, un indiscusso punto di riferimento per la sua vita, citava spessissimo terzine dantesche.
La professoressa, in un primo momento, decide di sorvolare su queste due circostanze, ritenendole casuali, ma i due fatti accaduti, nonostante i suoi tentativi di insabbiarli, non la lasciano tranquilla. Pur essendo da anni una docente di materie letterarie avvezza a spiegare ai suoi alunni Dante e perfino residente a poche centinaia di metri dalla tomba dell’Alighieri, intuisce di non riuscire a cogliere pienamente le parole di don Giussani sul Sommo Poeta, quel “di più” che pure l’attrae profondamente.
Eppure, in occasione del primo collegio docenti nel settembre di quell’anno propone, fra lo scetticismo e l’indifferenza generale, un progetto didattico dantesco ancora tutto da costruire. Colleghi e preside approvano, senza dare particolare credito alla proposta.
La prof, una volta approvato il progetto, entra in classe decisa a proporre lo studio di Dante da un’angolatura diversa, ma anche molto timorosa che i suoi studenti le rispondano con indifferenza. Lo stupore è grande quando, al contrario, gli studenti accettano, spronati sicuramente anche dall’ipotesi di uscire dalle aule per esplorare i luoghi danteschi della città, e quindi di conoscere l’Alighieri, loro illustre concittadino sepolto in città da oltre settecento anni, di capire le ragioni per cui aveva scelto e amato Ravenna, incuriositi di sapere come aveva vissuto nella “loro” città, con i figli che lo avevano raggiunto. La stessa città dove aveva terminato il Paradiso, ispirato certamente anche dalla magnificenza degli splendidi mosaici bizantini che abbellivano le affascinanti basiliche.
Lo stupore non termina, però, perché la proposta coinvolge in modo sorprendentemente creativo tutti gli alunni e alcuni colleghi. Dopo circa sei mesi di lavoro, nell’aprile 2004, ci si ritrova a Ravenna per un momento pubblico, ravennati e fiorentini insieme, durante il quale gli studenti, alla presenza delle autorità cittadine, illustrano il lavoro svolto. L’iniziativa ha il patrocinio delle istituzioni pubbliche che, da quella data, iniziano a sostenere fattivamente e a seguire in modo costante il percorso di “Dante in rete”.
È l’inizio di un’avventura che prosegue, anno dopo anno, fino a oggi con l’adesione dei licei e degli altri istituti superiori di Ravenna e, progressivamente, delle scuole di diverse città italiane, dal Nord al Sud.
Ma perché Dante affascina e coinvolge ancora, dopo settecento anni, i giovani? L’esperienza vissuta insieme a studenti e insegnanti, da oltre tre lustri, fa rispondere, con certezza, che i motivi sono molteplici: innanzitutto, perché il Divino Poeta sfida il cuore dei giovani, da sempre caratterizzato dall’esigenza di una felicità non effimera, dalla domanda di significato, di bellezza, di libertà, dalla sete di verità e di eternità.
I ragazzi, avvertendo Dante all’altezza dei desideri del loro cuore, intuiscono di avere nell’Alighieri “un possibile compagno di viaggio nella grande avventura della vita”, come ha affermato Carmen, studentessa sedicenne. O un amico e un maestro, come confessa il ventenne Lorenzo che, dopo anni di progetti “Dante in rete”, si era un po’ distaccato. E quando torna, alla prof che gliene chiede, grata, la ragione lui risponde: “Sono un po’ in crisi, prof, e l’esperienza mi ha dimostrato che Dante mi aiuta a vivere, per cui eccomi qui”.
Un “maestro”, il Sommo Poeta, che provoca a un coinvolgimento sorprendente quanto inaspettato e che aiuta a sollevare lo sguardo, spesso impoverito e ridotto dalle mode dilaganti, ai grandi temi dell’amore, della libertà, della felicità, della giustizia, del significato dell’esistenza e del destino ultimo dell’uomo, confermando il nostro essere gente per volar su nata (Purgatorio XII, 95).
Muove grandi e piccini, come ci testimonia, ad esempio, Luigi, il quale dopo tre anni di progetti danteschi nella scuola elementare, trascorse le prime settimane alla scuola media, torna a fare visita alla “vecchia” maestra e fra il perplesso e l’incredulo le dice: “Maestra, ma lo sai?! Nella scuola media non si studia Dante!”. Oppure la liceale Benedetta che scrive: “Dante ha fatto della sua passione e del suo talento uno strumento di educazione per ogni uomo”, o Maddalena che afferma: “I personaggi di Dante hanno nomi e storie importanti, sì, ma è secondario… Dietro a quelle figure di un ormai lontano Medioevo ci siamo NOI, o meglio, parti di noi”.
Rinvio al sito di “Dante in rete” per tutte le iniziative nate in questo contesto. Passione, gratuità, ma anche collaborazione, dialogo e condivisione con realtà diverse sono le peculiarità che caratterizzano i quindici anni di attività.
Ma l’anima di questo lavoro consiste, prima di tutto, nel porre al centro dell’attenzione il cuore dell’uomo con la sua sete di infinito e di felicità, un fattore che è sempre e comunque occasione di crescita umana e culturale per tutti coloro che si coinvolgono, a conferma del celeberrimo monito di Dante: Fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e canoscenza (Inferno XXVI, 119-120).
Non si può concludere questa presentazione senza citare Andrea Chaves, deceduto nel settembre scorso a ventidue anni appena compiuti. Lo aveva conosciuto la prof di “Dante in rete”, in seconda liceo, quando come premio per l’ottima valutazione scolastica aveva chiesto ai genitori di poter venire da Novi Ligure a Ravenna per visitare i luoghi danteschi e il Museo didattico del Centro Dantesco dei Frati minori conventuali, presso la tomba di Dante e realizzato e curato da “Dante in rete”. Erano gli anni in cui Andrea si stava appassionando al Sommo Poeta, tanto da aver iniziato a imparare alcuni canti della Commedia a memoria. E come poca favilla gran fiamma seconda … (Paradiso I, 34), nel giro di pochissimi anni questo suo amore, unito alle altre sue grandi passioni (la montagna, il brevetto da pilota di aerei, il karate, la maratona, l’aiuto discreto, ma costante, insieme al gruppo di amici che si era riunito attorno a lui, ai “senzatetto” di Bologna, dove frequentava la facoltà di lettere) diventa dominante nella sua vita, tanto da declamare a memoria, con grande maestria, ad appena vent’anni, l’intera Divina Commedia.
Andrea, negli ultimi sei anni della sua breve ma intensissima esistenza, era diventato una presenza stabile a Ravenna, protagonista di numerosi eventi danteschi. E quando la prof gli inviava un sms o un’email per chiedergli se, per l’evento in programma, aveva un canto particolare che gli sarebbe piaciuto declamare, le rispondeva spesso con una terzina dantesca. Fino all’ultima iniziativa, quando scrive, con la consueta delicatezza d’animo e profonda sensibilità: Tanto m’è bel, quanto a te piace … (Inferno XIX, 37).
Andrea ha lasciato un segno buono, indistintamente, in tutti coloro che lo hanno incontrato, tanto che la sua vita è raccontata oggi in un libro di Marcus Risso, Andrea Chaves. Il poeta e le montagne (Itaca 2018).