27/05/2019 Un incontro “vecchio” di 800 anni, ma sempre “giovane ed attualissimo”, sostiene l’imam Yahya Sergio Yahe Pallavicini, presidente della Coreis (Comunità religiosa islamica Italiana). La rassegna visitabile fino a settembre.
“Partire, navigare, attraversare, oltrepassare ostacoli, superare muri, barriere, indifferenze, diffidenze, camminare” ed infine “incontrarsi, parlarsi, conoscersi, stimarsi ciascuno con la propria identità, con la propria cultura”, ma “uniti dalla fede nel Dio unico e misericordioso Padre di tutti gli uomini, e dallo stesso desiderio di pace”. Sono tanti i verbi, le parole, i pensieri ed i gesti che, anche a secoli di distanza, tengono vivo il ricordo del dialogo tra san Francesco d’Assisi e il sultano Malik al-Malik avvenuto a Damietta d’Egitto nel settembre del 1219. Un incontro “vecchio” di 800 anni, ma sempre “giovane ed attualissimo”, sostiene l’imam Yahya Sergio Yahe Pallavicini, presidente della Coreis (Comunità religiosa islamica italiana), parlando nei giorni scorsi dalla tribuna di una delle più autorevoli università pontificie, l’Antonianum di Roma – quindi “terra” vaticana -, al convegno “I Datteri di Maria”, dedicato ai comuni sentimenti di rispetto e di venerazione per la Madonna che nutrono cristiani e musulmani.
Ma a pochi giorni di distanza, san Francesco e Malik al-Malik tornano di nuovo alla ribalta. Per l’esattezza è accaduto il 24 giugno nel cuore del mondo francescano, il Sacro Convento di Assisi, dove riposano le spoglie del Poverello davanti alle quali ogni anno milioni di fedeli provenienti da tutta la Terra, pellegrini e seguaci di tutte le religioni, persino agnostici e non credenti, pregano, sostano in silenzio e ritemprano lo spirito. L’occasione, l’apertura della Mostra celebrativa dell’incontro tra san Francesco ed il Sultano alla cui inaugurazione ha partecipato anche l’imam Pallavicini insieme allo storico Franco Cardini, e al direttore del Cefid (Centro francescano internazionale per il dialogo), padre Silvestro Bejan, introdotti dal Custode del Sacro Convento, padre Mauro Gambetti, e dal direttore della sala stampa francescana, padre Enzo Fortunato, secondo il quale “l’evento ricorda il coraggio e l’importanza del dialogo tra Cristianesimo ed Islam” avviato dall’incontro di Damietta nel mezzo di della quinta guerra crociata che, come le precedenti, insanguinò il Medioriente e che “pur ad 800 anni di distanza conserva intatto tutto il suo valore per la promozione del dialogo tra cristiani e musilmani e tra tutte le religioni”.
Analisi pienamente condivisa dall’imam Yahya Pallavicini che, però, avverte il pericolo che san Francesco ed il Sultano possano essere ridotti solo ad icone, magari artisticamente interessanti, ma prive di significato per i non addetti ai lavori. Un pericolo che va assolutamente scongiurato perchè sono trascorsi quasi 8 secoli da questo incontro e da questo viaggio – spiega infatti il presidente della Coreis – e le comunità cristiana e musulmana rischiano di ricordarne solo una raffigurazione artistica ed un episodio storico, e di non saper interpretare il valore reale di quell’incontro e della testimonianza della santità di allora validissima anche in questi tempi”. E come esempio, l’imam ricorda, tra l’altro, che gli storici ricordano di quel viaggio “l’offerta di doni prezioni che il Sultano fece a san Francesco, il quale li rifiutò in obbedienza al suo voto di povertà, accettando solo di portare con sé un Corno, suscitando profonda ammirazione da parte del suo ospite”. “In quella occasione si tramanda ancora – continua Pallavicini – che san Francesco abbia voluto testimoniare la vericidà della sua fede passando incolume attraverso il fuoco, suscitando timore e ammirazione tra i presenti”, a partire dal Sultano e dai suoi consiglieri, memori di un analogo episodio raccontato nel Corano riguardante il profeta Abramo “gettato nelle fiamme dal re di Babilonia a causa della sua esortazione ad abbandonare l’idolatria, ma salvato dall’intervento di Dio secondo la narrazione coranica”. Francesco, dunque, per l’islam è in perfetta continuità con Abramo, il padre comune alle tre religioni monoteiste, l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam.
“L’insegnamento che i credenti sensibili possono trarre da questo segno e da questa testimonianza – secondo l’imam – non si limita alle analisi geopolitiche tra Oriente ed Occidente, ma deve richiamare tutti alla vera dimensione delle fede, alla sua forza vittoriosa contro la ‘babele’ degli egoismi e delle idolatrie”. Ma quell’incontro, oltre a segnare storicamente il primo dialogo interreligioso tra due figure “innamorate” del valore dell’incontro con l’”altro” sulle via della pace, produssero frutti concreti nell’immediato e nelle rispettive fedi. “Alcune conseguenze di quell’incontro – ricorda Pallavicini – portarono alla maturazione del successivo incontro tra il Sultano e l’imperatore Federico II col quale venne sancito un accordo di pace e il ritorno di Gerusalemme sotto la giurisdizione dei cristiani d’Occidente”.
Tuttavia, per l’imam “il vero risultato del Sultano non fu quella di essere il protagonista di una pace tra imperi, bensì quella di realizzare il significato più profondo della sua funzione legata proprio al suo nome, Malik al-Malik che vuol dire ‘il Sovrano Perfetto’, illuminato dalla stessa illuminazione che Dio concede ai suoi Santi servitori…”, tra i quali San Francesco è, ovviamente, figura tra le più significative. L’incontro di Damietta continua, perciò, ad essere di “grandissima attualità”, per tanti versi “necessario per i contruttori di pace, di ponti e di fratellanza”.
La mostra al Sacro Convento – che resterà aperta fino a settembre – ne ripercorrerà la genesi attraverso l’esposizione di alcuni manoscritti medievali della Biblioteca del Sacro Convento contenenti narrazioni d’epoca dell’incontro con il Sultano. Verranno esposti anche antichi inventari d’archivio che citano la reliquia del “corno del Sultano” donato al Poverello di Assisi. Grazie alla disponibilità del Centro dantesco dei frati minori conventuali di Ravenna sarà inoltre esposta una rarissima copia della prima edizione a stampa della “Divina Commedia”, dove nel canto XI del “Paradiso” Dante Alighieri ricorda con alcuni celebri versi l’incontro tra Malik al-Kmil e San Francesco.