Gli enti che studiano il poeta aderiscono alla proposta del «Corriere» in vista
del settecentesimo anniversario della morte nel 2021. Ipotesi: 25 marzo o 8 aprile
di PAOLO DI STEFANO
Dante è la nostra identità Istituiamo la sua Giornata «Pluto», illustrazione di Gustave Doré per il Canto VII dell’«Inferno». Doré (Strasburgo, 1832 – Parigi, 1883), è stato un pittore e un incisore francese. Celebri le sue illustrazioni della «Divina Commedia»
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Fra un paio di settimane, il 16 giugno, si terrà il Bloomsday, la festa dedicata a Leopold Bloom e al suo creatore, James Joyce. Chiamarla festa è riduttivo, perché l’occasione mette insieme ogni anno letture pubbliche, lezioni, spettacoli, convegni, mostre, appuntamenti conviviali, pranzi, cene e bevute: in onore dell’Ulisse, il capolavoro dello scrittore irlandese, si mobilitano scuole, università, teatri, biblioteche, musei, gallerie, piazze, discoteche, cinema, osterie, ristoranti, caffè, radio, tv e giornali. E non solo a Dublino, la città di Joyce, ma anche a Melbourne, a New York, a Philadelphia, a Szombathely (Ungheria), a Pola (Croazia), a Mosca, a Londra, a Shanghai, a Parigi, a Trieste, dove lo scrittore irlandese ha vissuto diversi anni. C’è da sbizzarrirsi e i fanatici di Joyce si sbizzarriscono. Lasciamo stare che cosa succede a Barcellona (e un po’ ovunque) il 23 aprile, per la Festa mondiale del Libro, voluta dall’Unesco nella data di morte che accomuna tre grandi come Shakespeare, Cervantes e Garcilaso de la Vega.
«Dante Alighieri» (tempera su tela, 1495) del pittore Sandro Botticelli (Firenze, 1445 – Firenze, 1510). Nel 2021 ricorrerà il settecentesimo anno dalla morte dell’autore della Divina Commedia
«Dante Alighieri» (tempera su tela, 1495) del pittore Sandro Botticelli (Firenze, 1445 – Firenze, 1510). Nel 2021 ricorrerà il settecentesimo anno dalla morte dell’autore della Divina Commedia
Dunque, perché non un Dantedì? Altrove lo potrebbero anche chiamare Danteday, se proprio vogliono, ma Dantedì suona bene con la lingua del sì, cioè quella praticata, teorizzata, amata dall’Alighieri. Dunque Dantedì, con la benedizione di Francesco Sabatini, il presidente onorario dell’Accademia della Crusca. Il «Corriere», nell’imminenza del settecentesimo dalla morte che cadrà nel 2021, ha lanciato la proposta e finalmente ci siamo. C’è un’adesione impressionante: dalla Crusca alla Società Dante Alighieri, dalla Società dantesca all’Associazione degli italianisti… E il Comitato nazionale delle celebrazioni, presieduto da Carlo Ossola, il ministero dell’Istruzione e quello degli Esteri, il Centro dantesco di Ravenna, la Casa di Dante di Roma e quella di Firenze faranno sicuramente la loro parte. Ben sapendo che ciascuna delle istituzioni dantesche, tutte benemerite, si sente custode pressoché esclusiva della memoria del Divin Poeta. Resta quasi incredibile che nel Paese delle mille fiere letterarie ed editoriali non esista una giornata nazionale che celebri il padre della poesia e della lingua.
Alessandro Masi, segretario generale della Dante Alighieri, la società fondata nel 1889 da Carducci per promuovere la lingua italiana nel mondo, è d’accordo: «Una giornata dantesca nel calendario non è solo importante ma, come direbbe l’amico Ismail Kadare, è “inevitabile”! Dante è una delle maggiori figure della letteratura mondiale. L’hanno riconosciuto il critico Harold Bloom, quasi omonimo del personaggio joyciano, e anche Borges, il grande conoscitore del nostro Poeta. La fama di Dante è grande in tutto il mondo e nel mondo ci sono anche sue statue, per esempio persino a Tianjin, in Cina, o a La Valletta di Malta, dove campeggia quella più grande. Se la sua fama è così vitale ovunque, mi sembra più che giusto dedicargli un appuntamento annuale nel nome dell’arte e della bellezza».
Studioso della letteratura italiana dei primi secoli e presidente della Società dantesca di Firenze che da oltre un secolo incoraggia gli studi sulla vita e sull’opera del Sommo Poeta, Marcello Ciccuto sottolinea un’esigenza: «Fissare un momento nella memoria culturale della Nazione nel quale molti ancor oggi riconoscerebbero uno dei sensi fondativi della nostra individualità storica». E Alberto Casadei, cui si deve una recente raccolta di saggi danteschi (Dante. Altri accertamenti e punti critici, Franco Angeli editore), precisa: «Nel 2021 l’attenzione internazionale verso Dante sarà fortissima e va individuato un giorno specifico per ricordare uno dei pochi autori noti a livello davvero globale, come dimostrano per esempio le sue rivisitazioni manga proposte da Go-Nagai o le versioni in video di Peter Greenaway e di Raoul Ruiz».
Resta il dubbio che una commemorazione per obbligo possa rivelarsi controproducente. Risponde Casadei, che coordina il Gruppo Dante dell’Associazione degli italianisti: «Qualche anno fa proponemmo un’iniziativa in scuole e università dal titolo Dante a mezzogiorno: in contemporanea, in tutta Italia si lessero canti del poema, si presentarono sue riscritture multimediali, si meditò sul ruolo dei classici nella nostra società. Il successo, molto ampio, fu dovuto anche al senso di comunità creato dall’essere consapevoli che tante persone in uno stesso momento si confrontavano con un testo ricchissimo di personaggi, eventi, versi ancora memorabili. Rivivere una grande opera, facendola propria in modi creativi, è un obiettivo di grande importanza culturale per un’autentica crescita nelle abilità interpretative». Per Domenico De Martino, dantista e direttore artistico di Dante 2021, il festival che si terrà dal 12 al 16 settembre a Ravenna, la giornata per l’Alighieri risponde a un sentimento diffuso non solo in Italia: «Ho sentito diversi visitatori della Tomba di Dante a Ravenna dire che andavano a “salutare Dante”: come fosse un parente o un amico (vivo). Questo “sentire” sarebbe benissimo interpretato da un Dantedì collettivo, che potrà anche essere il giorno in cui si invitano tutti, in Italia e all’estero, a festeggiare il “padre” Dante, e tramite lui anche la nostra lingua e la nostra cultura, stimolandone anche una conoscenza più diffusa e più profonda».
Si tratterà di mettere insieme quella che Ciccuto chiama «la sconfinata nebulosa di enti, associazioni, istituti» che portano il nome di Dante: «Dante è di tutti — dice De Martino —, anche di quell’asinaio che infilava i suoi “Arrì!” nei versi della Commedia, e che faceva indispettire Dante. E ugualmente è di tutti quelli che variamente cercano di approfondire la conoscenza della sua opera, con fatica di lettore o di studioso; ed è anche degli studenti obbligati alla lettura a scuola e nelle cui menti, nonostante tutto, la potenza di Dante si sedimenta. Diffusamente, con maggiore o minore competenza tecnica, tutti sentono che Dante è un elemento portante, forse il principale, dell’identità italiana, linguistica, letteraria e anche civile. Tutti noi avvertiamo che la nostra lingua materna affonda le sue radici in quella modellata da Dante, di cui si conserva gran parte del lessico. Il Dantedì sarà magari anche un buona occasione per ripensare quella “umile Italia” a cui Dante guardava e in cui avrebbero trovato pace e “salute” anche gli avversari».
Masi ci scherza su evocando la metafora poetica per eccellenza: «Credo che si possa giungere a un accordo se si preferirà contemplare la luna della cultura, anziché il litigioso dito che la indica. Tra l’altro, la nascita di questo progetto proprio nel cinquantesimo anniversario da quello dell’allunaggio potrebbe essere una bella idea per guardare al pianeta dell’ispirazione così caro ai poeti nel firmamento culturale cui diamo il nome di Dante Alighieri. Per non sfuggire alla questione, credo dunque che dovremmo semplicemente partire dallo stesso Dante e dalla sua capacità di parlare davvero a tutti».
Come ricorda Casadei, la molteplicità dei gruppi, delle associazioni e degli istituti rappresenta anche una varietà di funzioni e di scopi: «Basti pensare alla lunga tradizione di istituzioni come la Società dantesca di Firenze e la Dante Alighieri di Roma, che hanno finalità diverse ma complementari, la prima con i suoi studi specialistici e con l’Edizione Nazionale, la seconda con tantissime sedi nel mondo e iniziative per diffondere la lingua e la cultura italiane». Senza dimenticare il colossale contributo scientifico del centro Pio Rajna di Enrico Malato, cui si deve, in collaborazione con la Casa di Dante di Roma, la Nuova edizione commentata delle Opere di Dante (Necod) pubblicata da Salerno Editrice. E senza ignorare gli studiosi che fanno capo alle varie università: Pisa, Firenze, Roma, Ferrara, Napoli…
Il guaio di Dante è la sua biografia. Su cui abbiamo poche certezze. Oltre alla data di morte, nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321, poco altro. Dunque se non sarà quella (le scuole non tutte aperte sarebbero un ostacolo), il Dantedì dovrà collocarsi in un giorno simbolico. Ci sono molte possibilità, dice Masi: «Forse il 21, ma una data possibile potrebbe essere il 29 maggio. Non sappiamo ad oggi quando è nato l’Alighieri, ma noi abbiamo scelto questo giorno per la “Giornata della Dante” in quanto a metà tra quelle possibili. Il mese di maggio è indicato nel Trattatello di Boccaccio, dove si ricorda che Pietro Giardini, amico ravennate del poeta, fissava la nascita di Dante in questo mese. Informazione confermata dal Canto XXII del Paradiso, dove il Poeta dice di esser nato nel segno che segue quello del Toro, cioè i Gemelli, che per le variazioni del calendario nel 1265 cadeva tra la metà di maggio e la metà di giugno». Il 29 maggio sarebbe però troppo vicino alla maturità per diventare una giornata scolastica di «festa». E si aggiunge una questione «geopolitica». Il giorno della nascita, come osserva De Martino, sposterebbe il baricentro su Firenze, quello della morte su Ravenna, e la preoccupazione di Ciccuto, giustamente, è di non far coincidere la data con celebrazioni di cui alcune città sono orgogliose (e gelose) da decenni. Ecco perché, per Ciccuto, sarebbe bene spostarsi verso l’inizio della primavera (simbolicamente vicina alla figura di Beatrice). Dunque per De Martino potrebbe avere un senso scegliere la data a cui si fa risalire l’inizio del viaggio ultramondano di Dante, ma neanche su questo c’è concordia tra gli interpreti: 25 marzo o 8 aprile? «Siccome una certezza credo che non l’avremo mai, possiamo scegliere una data che avrà comunque un esplicito valore simbolico e non scientifico, e allora direi l’8 aprile, evitando anche la sovrapposizione con la festa dell’Annunciazione».
È lo stesso argomento su cui riflette Casadei ma con conclusioni lievemente diverse: «Personalmente, come molti altri studiosi, ritengo che la data dell’inizio del viaggio ultraterreno coincida con quella dell’incarnazione ma anche della crocifissione di Cristo, il 25 marzo, che per il fiorentino Dante era il primo giorno dell’anno. È una data che cade a poca distanza dall’inizio della primavera, quel 21 marzo in cui si celebra la giornata mondiale della poesia. Idealmente il 25, come Dantedì, potrebbe chiudere nel modo più elevato una serie di iniziative dedicate appunto alle grandi creazioni poetiche di tutti i tempi».
Siccome tutti i dantisti sanno che i seminatori di scisma e di discordia occupano una bolgia dell’Inferno, si troverà facilmente un accordo.
Il percorso
Il «Corriere della Sera» ha proposto che Dante Alighieri abbia una sua Giornata sul calendario. In particolare, in un corsivo dello scorso 24 aprile, Paolo Di Stefano ha invitato sia i ministeri sia le varie istituzioni che si occupano del Sommo Poeta a farsi carico della questione: fissare un «Dantedì» in vista delle celebrazioni, nel 2021, dei settecento anni dalla morte dell’autore. «Dopo sette secoli — ha scritto Di Stefano — sembra il momento di uno scatto d’orgoglio tutto italiano». La proposta ha raccolto una grande adesione: dall’Accademia della Crusca alla Società Dante Alighieri, dalla Società dantesca all’Associazione degli italianisti.