Ci può essere vera poesia e approfondimento culturale, filosofico, scientifico e teologico contemporaneamente? Secondo un pregiudizio formalistico, sostenuto a suo tempo soprattutto dalla scuola crociana, no: anzi, nella Divina Commedia, quanto più spazio si concede alla teologia, tanto meno è presente la lirica ossia la vera poesia. Il rapporto tra l’ortodossia cattolica di Dante e la sua arte letteraria è stato quindi studiato per molto tempo sotto questa visione negativa. E in larga misura sulla base di una impostazione ideologica.Circostanza in sé inaccettabile data la assoluta simbiosi di fede e poesia nel Sommo Poeta. Ai nostri giorni il modo di intendere la poesia come “sentimento”, ossia come qualcosa di indipendente dal “concetto” e da ogni contenuto in generale, non è più condiviso da molti critici letterari, in particolare dantisti: a dire il vero la grandezza di Dante va ben oltre tutte le interpretazioni restrittive che limitano ingiustamente il genio dell’Autore. Si fa strada oggi una diversa lettura della poesia del Sommo Poeta, una lettura che scopre (o riscopre) la profondità, ad un tempo, della sua straordinaria lezione teologica e della altrettanto sua stratosferica arte poetica: ne emerge una lezione che testimonia la sua eterna attualità e che ci manifesta nel contempo una inaspettata ed insospettata apertura moderna, che si pone in perfetta sintonia persino con il messaggio del Concilio Ecumenico Vaticano II. Un Dante, dunque, sempre più collocato aldilà del suo tempo, nonostante il permanere delle sue radici nella tradizione. Quindi si può riprendere a parlare della teologia di Dante, senza essere tacciati di occuparsi di “non-poesia”. Ed in Dante, infatti, la teologia riveste un ruolo fondamentale, tanto che si può addirittura parlare di una “riduzione in forma poetica” della Summa Teologica di san Tommaso d’Aquino. E che rapporto c’e’ tra la poesia di Dante e la sua teologia, ossia tra la sua personale interpretazione della fede cattolica, da lui peraltro sinceramente professata e coerentemente vissuta e la sua geniale arte? A questa domanda si risponde ormai esaustivamente, dimostrando come l’immaginazione poetica nella Divina Commedia interpreti l’escatologia cristiana con piena libertà creativa e insieme con assoluta fedeltà al Magistero della Chiesa. Si introduce, così un analisi letteraria con alcune considerazioni epistemologiche sulla teologia come interpretazione del dogma. Per rendersene conto basta pensare alla divisione dell’Inferno e del Purgatorio ed alla diversa punizione delle colpe: in ordine di gravità crescente vengono considerati i peccati commessi per incontinenza, violenza, frode. In particolar modo la frode è a sua volta divisa in due settori a seconda di chi siano le vittime: persone che non si fidano o persone che si fidano. Quest’ultima fattispecie è quella del tradimento da Dante (e da tutto il mondo passato) considerato come l’atto più grave e spregevole che si potesse immaginare: sintesi originale di dati filosofici, teologici e giuridici, questa classificazione riflette sostanzialmente l’insegnamento tomista.
Importanti le recenti considerazioni sul Purgatorio, tutt’altro che una “invenzione” medioevale, ma presente nelle Scritture (sia nell’Antico Testamento che in san Paolo, nonché in molti passaggi della Tradizione). Il monte su cui le anime si “affinano” in attesa di essere accolte in Paradiso è costruito in senso inverso rispetto all’Inferno: in basso il peccato più grave (la superbia, elemento presente in ogni mancanza, in quanto ognuna di esse rappresenta una ribellione all’autorità divina) ed in alto i meno gravi (gola e lussuria). I temi teologici più complessi, naturalmente, sono trattati nella terza cantica: la difficoltà di una prima lettura dei versi danteschi è oggettiva, ma una volta superato il primo scoglio ci si trova di fronte ad una poesia di immensa bellezza, che ci consente di apprezzare pienamente anche i passaggi che Croce aveva troppo sbrigativamente liquidato come autenticamente non poetici. Sul congiungersi mirabile della sublime esperienza poetica di Dante con la totale fedeltà alla sua confessione religiosa da’ atto, del resto, il Santo Pontefice Paolo VI con la lettera apostolica Altissimi cantus. Paolo VI, animato da spirito illuminato e amore per la conoscenza celebra le virtù di ingegno e di umanità di Dante, proclamandone le qualità di intellettuale anche laico. E se la Commedia è veramente, da cima a fondo , il percorso di un iniziato, di un uomo toccato dalla Grazia, l’opera dantesca appare protesa a quella ricerca di quel sapere al quale solo l’intelligenza umana può aspirare. Una conclusione questa che una magistrale ed indimenticabile edizione speciale de l’Osservatore romano dell’autunno del 1965 conferma, esaltando l’ardito e multiforme ingegno di Dante. Un Dante, pertanto, che si esprime, è vero, nei vertici della teologia, ma al tempo stesso, recupera la grande anima della cultura classica e dell’ansia speculativa di essa.
Casalino Pierluigi