Domenica 15 aprile nella Basilica di San francesco di Ravenna – Canti X XI XII dell’Inferno – Lettura, musica ed immagini

Canto X – Gli eretici

Farinata compare improvvisamente, rivolgendosi direttamente a Dante perché ne riconosce la parlata toscana: “O Tosco che per la città del foco | vivo ten vai così parlando onesto, | piacciati di restare in questo loco” (vv. 22-24). Dante è spaventato e Virgilio lo spinge ad avvicinarsi alla tomba, rivelando che si tratta del politico fiorentino: “Volgiti! Che fai? | Vedi là Farinata che s’è dritto: | da la cintola in sù tutto ‘l vedrai” (vv.31-33). Farinata viene presentato come una figura orgogliosa e fiera, con uno sguardo “sdegnoso” (v. 41) e “com’avesse l’inferno a gran dispitto” (v. 36). Interroga il poeta sulle sue origini e, scoperto che era di parte guelfa, afferma superbamente di essere riuscito a cacciarli da Firenze due volte, Dante, a sua volta, replica che entrambe le volte i Guelfi riuscirono a rientrare (vv. 46-51).
Il discorso tra i due viene interrotto dalla comparsa di un’altra figura centrale del canto, Cavalcante de’ Cavalcanti, padre di Guido Cavalcanti, poeta e amico di Dante, a cui domanda, avendolo riconosciuto, dove sia suo figlio: “Se per questo cieco | carcere vai per altezza d’ingegno, | mio figlio ov’è? e perché non è teco?” (vv. 58-60). Il poeta risponde che lui non è giunto lì per sua volontà e ingegno, ma grazie a Dio, che Guido “ebbe a disdegno”. L’uso del verbo al passato fa credere a Cavalcante che il figlio sia morto: “Come? | dicesti ‘elli ebbe’? non viv’ elli ancora?” (vv. 67-68). Stupito dal fatto che i dannati non conoscano il presente, ma possano prevedere il futuro, Dante esita a rispondere, cosa che provoca ulteriore disperazione in Cavalcante, che ricade sconsolato nella tomba. Nei versi successivi (vv. 73-93) riprende il dialogo con Farinata, che prevede il futuro esilio di Dante. Domanda poi al poeta perché i fiorentini siano così crudeli nei confronti suoi e della sua famiglia, e Danterisponde che è a causa della sconfitta di Montaperti. Farinata, quindi, si giustifica: “A ciò non fu’ io sol… né certo | sanza cagion con li altri sarei mosso” (vv. 89-90); inoltre fu l’unico che difese la città dalla distruzione, quando fu proposta dagli altri capi ghibellini.

Dante infine chiede a Farinata perché i dannati possano vedere il futuro, ma non il presente. Questo spiega che essi sono come i presbiti: vedono solo le vicende lontane, ma più si avvicinano al presente, più perdono chiarezza, dato che la Grazia Divina ha deciso in tal modo. Con il Giudizio Universale, quando il futuro cesserà e “tutta morta | fia nostra conoscenza” (v.105) essi saranno del tutto ciechi. Dopo aver pregato Farinata di rivelare a Cavalcante che suo figlio è ancora vivo, Dante si allontana smarrito. Virgilio, venuto a conoscenza dello sconforto di Dante per il suo esilio futuro, lo conforta, ricordandogli di aspettare Beatrice, che gli rivelerà tutti gli eventi della sua vita: “quando sarai dinnanzi al dolce raggio | di quella il cui bell’occhio tutto vede, | da lei saprai di tua vita il viaggio” (vv. 130-132). Infatti, alla presenza di Beatrice nel Paradiso (come si legge nel canto XVII), l’avo Cacciaguida spiegherà a Dante il senso delle profezie precedenti.
Canto XI – Gli eretici e in particolare i monofisiti
Siamo sempre nel VI cerchio in cui vengono puniti gli eretici ed in particolare i monofisiti (coloro che riconoscono in Cristo la sola natura umana).
Virgilio e Dante giungono sull’estremità di un’alta riva posta al di sopra del VII cerchio, costituita da un’enorme quantità di grosse pietre e qui, a causa dell’orrendo fetore che sale dal “profondo abisso”, sono costretti a ripararsi dietro al coperchio di una grossa tomba sulla cui superficie è scritto che all’interno giace papa Anasta¬sio II (498-496) (ritenuto eretico per errore della tradizione) distolto dalla retta via e quindi dal diacono orientale Fotino.
Virgilio comprende che D. deve abituarsi gradatamente all’odore e allora fa una sosta.
Dante chiede allora al Maestro di trovare qualche argomento in modo che il tempo dell’attesa non trascorra inutilmente: perciò Virgilio si accinge a spiegare l’ordinamento del profondo inferno (che segue la tripartizione aristotelica: incon¬ti-nenza, violenza o matta bestialità, malizia).
All’interno della riva costituita dai grossi sassi vi sono tre cerchi più piccoli di quelli precedenti, abitati da altri spiriti dannati.
Tali spiriti sono sistemati nei diversi cerchi secondo un certo ordine dovuto alle colpe commesse.
In generale, il fine d’ogni peccato è un’”ingiuria”, cioè un’ingiustizia, portata a compimento con la forza o con l’inganno a danno altrui, ma poiché l’inganno è proprio esclusivamente dell’essere umano, offende Dio in modo ancor più grande ed è per questo motivo che i fraudolenti sono condannati nei cerchi più bassi.
Il primo dei tre cerchi è occupato dai violenti, ma poiché la violenza può essere attuata in tre modi diversi, tale cerchio è diviso in tre gironi infatti si può commettere violenza verso Dio, verso se stessi e verso il prossimo sia nella persona sia nelle cose.
Nel primo girone sono dunque condannati i violenti verso il prossimo nella persona, cioè gli omicidi e i feritori, e i violenti verso il prossimo nelle cose, cioè i
guastatori e i predoni.
Nel secondo girone sono condannati i violenti verso se stessi nella persona (suicidi e scialacquatori: violenti verso se stessi nelle cose).
Nel terzo girone sono condannati i violenti verso Dio nella persona che negano la sua natura o la sua bontà (bestemmiatori) i violenti verso Dio nelle cose (usurai, sodomiti).
Virgilio espone poi le forme di malizia (o frode): contro chi non si fida (ipocrisia e lusinga), contro chi si fida (tradimento).
La prima forma di frode è meno grave poiché rompe soltanto quel vincolo d’amore che la natura ha stabilito tra gli uomini: e quindi i dannati (ipocriti, adulatori, maghi, falsari, simoniaci, ruffiani, barattieri ecc.) occupano il secondo cerchio (le malebolge).
I dannati della seconda forma che rompono oltre al vincolo d’amore anche quello di fiducia sono puniti nel terzo cerchio (cocito), dove è situato il punto ove Lucifero è conficcato e dove sono puniti per l’eterno tutti i traditori (vv. 1-66)
Dante vuol saper perché gli altri dannati (incontinenti) incontrati si trovano fuori dalla città di Dite: Vitgilio replica che secondo Aristotele (trattato VII dell’Etica[3]) l’incontinenza offende Dio in modo minore ed è quindi meno biasimevole.
Pur soddisfatto della risposta Dante chiede a Virgilio perché l’usura offende Dio: Virgilio risponde che la filosofia aristotelica spiega come la natura abbia la sua origine dall’intelletto divino e dall’operare di tale intelletto e che, secondo la Fisica di Aristotele, l’arte dell’uomo segue, per quanto è possibile, la natura, come il discepolo segue il maestro, in modo tale che l’arte dell’uomo è, si può dire, nipote di Dio.
Dalla natura e dall’arte, come dice il libro della Genesi, conviene che il genere umano prenda i mezzi per vivere e avanzare progredendo e, dato che l’usuraio segue un’altra via, cioè vive e si arricchisce col denaro dato in prestito, disprezza l’arte e la natura offendendo in tal modo Dio.
Quindi Virgilio esorta Dante a seguirlo, poiché i pesci guizzano per l’orizzonte, cioè si avvicina l’alba e l’altra riva si può discendere in un punto più lontano (vv. 67-115).
XII Canto – I violenti
Virgilio e Dante discendono a causa di una frana, custodita dal Minotauro e causata dal terremoto seguito alla morte di Cristo, nel 7° cerchio dei violenti diviso, come abbiamo accennato, in tre gironi: il primo è costituito dal Flegetonte, fiume di sangue bollente in cui sono immersi i violenti contro la vita e le sostanze del prossimo tra cui i tiranni: Alessandro Magno[4] (per altri Alessan¬dro di Fere), Dionisio, Attila, Ezzelino da Romano, ed altri; inoltre si fa cenno a due predoni (Rinieri da Corneto e Rinieri Pazzo).
Stanno a guardia il Minotauro ed i Centauri che saettano i dannati qualora escano più del dovuto dal sangue (vv. 1-99); Chirone[5], su richiesta di Virgilio, affida ai due poeti come guida Nesso (traghettatore che aveva tentato di violentare la moglie di Ercole, Deianira) che parla di alcuni dannati e li trasporta in groppa al di là del Flegetonte nel 2° girone (vv. 100-139) dove sono puniti i violen¬ti contro se stessi ed i propri averi.

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