Arte: a Parma le visioni della Divina Commedia da Dore’ a Nattini (2)
Cultura

(Adnkronos) – Il corredo illustrativo della Divina Commedia, disegnato dal francese Gustave Dore’ (Strasburgo 1832-1883) attorno al 1861-68, e’ certamente il piu’ popolare in assoluto, ancora oggi: la fama e’ dovuta anche alla prevalente attivita’ d’illustratore d’opere letterarie (Milton, Rabelais, Balzac, La Fontaine, Cervantes, Bibbia, Ariosto) espletata come pittore e incisore che, con tratti robusti, marcati e decisi, coglie con virtuosismo romantico gli aspetti piu’ realistici dell’opera dantesca, nonostante il predominio dei toni cupi anche al di fuori dell’Inferno.

Nel 1876, quindici anni dopo la prima pubblicazione di Dore’, Scaramuzza termina le proprie tavole sulla Commedia. Da allora numerosi critici hanno tentato un confronto tra i due artisti, con l’obiettivo di decretare quale fosse il migliore, con esiti non sempre a favore del grande Dore’. Uno dei piu’ significativi illustratori danteschi del Novecento e’ Amos Nattini (Genova 1892 – Parma 1985); a partire dal 1919, incoraggiato da Gabriele D’Annunzio, egli realizza una maestosa serie di cento tavole che costituiscono l’illustrazione d’una speciale edizione della Divina Commedia e vengono esposte a Parigi, Nizza e L’Aja, riscuotendo ovunque un notevole successo.

Nattini usa le tecniche piu’ innovative e un linguaggio figurativo originale lontano da qualsiasi imitazione, rinunciando al bianco e nero a favore del colore (acquerello e olio) per immergere il proprio segno grafico e potente in una dimensione quasi fantasy di sospensione e di incanto, dove il dramma e’ piu’ accennato che realmente descritto. La sua pittura e’ minuta e delicata, con una pennellata lineare da miniatore, ma a piu’ strati, un velo sull’altro, richiamando cosi’ il Divisionismo, filtrato dal rigore mentale dell’artista, dalle atmosfere irreali create sapientemente, dove egli mette a fuoco allucinazioni dello spirito grazie alla precisione del segno e all’evocativita’ del colore.

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