Il Centro dantesco: «Commedia razzista?
Contestualizziamo, ma non censuriamo»
La replica di padre Ivo Laurentini alle critiche del comitato Gherush92, che chiede l’eliminazione del Sommo Poeta dai programmi scolastici
di Federica Angelini
Una Divina Commedia della biblioteca del Centro Dantesco
Ravenna città di Dante, ovvero di un autore antisemita, razzista e omofobo. Da eliminare addirittura dai programmi scolastici. A dirlo è il comitato Gherush92, organizzazione di ricercatori e professionisti che gode dello status di consulente speciale con il Consiglio economico e sociale dell’Onu e che svolge progetti di educazione allo sviluppo, diritti umani, risoluzione dei conflitti. Insomma, non proprio un gruppuscolo di fanatici di politically correct. Sotto accusa il canto XXXIV dell’Inferno in cui Dante parla di “Giuda” e del tradimento da parte dei giudei a Cristo, il XXVIII, sempre dell’Inferno, dove si trova l’immagino di Maometto scisso, con le budella che gli fuoriescono, perché colpevole di aver provocato lacerazioni e divisioni e, infine, il canto XXVI del Purgatorio dove si tratta il tema dei sodomiti, con Brunetto Latini.
Allora abbiamo chiesto a Padre Ivo Laurentini, direttore del Centro Dantesco di Ravenna che da anni promuove letture pubbliche e progetti per divulgare la Commedia un’opinione su questa presa di posizione. «Ogni poeta e pensatore – risponde dice Padre Laurentini – va collocato nel suo tempo e non si può giudicarlo con la sensibilità di oggi. Tocca agli insegnanti contestualizzare gli autori. Certo che anche Dante non è da presentare ai bambini delle elementari se non dopo aver scelto testi conformi alla loro età». E per spiegare meglio il concetto, il direttore del Centro Dantesco cita un esempio: «La stessa Bibbia nel passato è stata censurata in alcune sue parti perché a fedeli “immaturi” avrebbe dato più scandalo che utilità. In ogni grado della scuola va scelto l’autore adatto all’età e alle capacità intellettuali dei ragazzi, ma “censurare” gli autori in ogni ordine e grado significa tagliare la nostra cultura del passato e non avere alcuna fiducia nella preparazione e mediazione degli insegnanti».