16 marzo 2012
DANTE ANTISEMITA, OMOFOBO E ISLAMOFOBO?… NO, NON È VERO.
Una risposta a un articolo del “Corriere della Sera” del 12/03/2012
di
Marino Alberto Balducci
È con un vivo piacere che oggi rispondo alla richiesta di Marta Ferrucci, redattrice responsabile di “Studenti.it” che mi invita ad esprimere liberamente un parere sulle recenti dichiarazioni di Valentina Sereni a proposito della Divina Commedia. Valentina Sereni è membro dell’organizzazione “Gherush92”, consulente speciale in materie etico-educative presso il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, e ha spiegato all’Adnkronos che “È nostro dovere segnalare alle autoritá competenti, anche giudiziarie, che la Commedia presenta contenuti offensivi e razzisti che vanno approfonditi e conosciuti. Chiediamo, quindi, di espungere la Divina Commedia dai programmi scolastici ministeriali o, almeno, di inserire i necessari commenti e chiarimenti”. La sua opinione è stata in seguito a larga scala diffusa lo scorso 12 marzo da un articolo del “Corriere della Sera”. L’accusa di razzismo alla Divina Commedia riguarda principalmente la posizione di condanna morale e spirituale assunta da Dante scrittore cristiano nei confronti del Giudaismo, dell’Islam e dell’omosessualità.

Innanzi tutto mi sento di dire che a mio avviso non è giusto interpretare il passato secondo i punti di vista moderni. Ogni opera d’arte si lega storicamente a un contesto specifico e in base ai parametri di tale contesto, opportunamente identificati, deve essere sottoposta a giudizio. Questo del resto lo abbiamo imparato da molto, e proprio dai nostri umanisti fiorentini, quando nel Quattrocento l’Europa si è preparata a fare il suo ingresso nella modernità. Lo studio della Divina Commedia è fondamentale e inalienabile almeno per il suo enorme valore estetico-poetico, e questo non si deve mai mettere in dubbio. Ha ragione comunque Valentina Sereni a dire che i punti di vista etici e spirituali di Dante dovrebbero adeguatamente essere affrontati dai commentatori dei testi scolastici anche rispetto alla nostra attuale percezione di eticità. Il pensiero dantesco è in sé l’introduzione ideale alla visione umanistica dell’Europa moderna, è la premessa imprescindibile ai nostri stessi valori più dibattuti. Le sue parole antiche, una volta adeguatamente “tradotte”, ci mostrano temi e significati attualissimi quali, tanto per fare un esempio, la depressione, che è smarrimento di senso nella nostra vita, e poi la critica alla visione sbagliata della donna come una preda e un’occasione di potere, l’errore legato all’innamoramento fasullo, la disperazione e l’autonoma scelta di darsi la morte, la difesa del libero amore, i pregi e i rischi di un governo politico globale, l’arroganza del proto-capitalismo, l’involgarimento della società mercantile, la corruzione del Vaticano ma pure la grandezza della ‘Chiesa Spirituale’, l’orgoglio scientifico e quindi il pericolo della distruzione umana, la brutalità dei tiranni oppressori di libertà, ecc. Considerando questo, come dantista e presidente di un istituto internazionale che dal 1993 si occupa principalmente di ermeneutica e del problema dell’attualizzazione del simbolismo della Divina Commedia, mi sento di incoraggiare colleghi studiosi, adulti appassionati e studenti a valutare obiettivamente il pensiero di Dante nella sua autentica e sorprendente modernità. I simboli della Visione dantesca non devono mai essere presi soltanto alla lettera, ma devono essere interpretati. In questo senso, quello che ci può apparire una condanna di certe inclinazioni morali non lo è davvero mai fino in fondo.

Facciamo ora, innanzi tutto, una necessaria premessa chiarificatrice. Il Cristianesimo in genere e quello di Dante in particolare non è dualismo, non crede dunque al male assoluto (un male manicheo, sostanziale, che si oppone al bene, un’altra sostanza); il male è un mascheramento dell’unica essenza, il Bene, che sta alla base di tutte le cose e dell’umano, inteso come ideale apice qualitativo della creazione. Nella Divina Commedia mai viene condannato l’uomo, in assoluto, ma solo aspetti sbagliati del suo agire nel corso della sua lunga o breve esperienza esistenziale.

A proposito del Giudaismo poi, Valentina Sereni ricorda i canti infernali XXIII e XXXIV in cui si mostra la condanna di Caifa e degli altri membri del sinedrio (accusati dal nostro poeta di ipocrisia) assieme a quella di Giuda, il traditore del Cristo. Si dovrebbe comunque almeno aggiungere a questo proposito, citando adeguatamente i principali aspetti tematici della Visione, un approfondito esame del canto VII del Paradiso in cui si indica come la scelta ebraica del volere la morte di Cristo sia certamente una colpa, ma anche una colpa felice e fortunata (felix culpa), una colpa provvidenziale. È proprio attraverso di questa che infatti viene dispensato il dono di Vita Eterna all’umano, attraverso il miracolo estremo del Cristo risorto. Anche in questo caso, l’atto negativo si scopre soltanto come un purissimo e inconsapevole mascheramento del Bene.

In merito al secondo punto della critica di Valentina Sereni dobbiamo poi onestamente riconoscere e aggiungere come la cultura islamica venga sempre profondamente ammirata da Dante. In questo senso, la presentazione di Avicenna, Averroè e Saladino nel nobile castello degli spiriti magni rappresenta davvero un esempio oggettivo incontrovertibile. Ciò va premesso correttamente quando si parla della visione di Muhammed e Alì all’inferno (canto XVIII). In senso spirituale, comunque, è vero che l’Islam è condannato apertamente dal nostro poeta (su un tale aspetto noi non possiamo aver dubbi) in quanto arrogante eresia scismatica. Comunque per questo Dante ha ragione, sempre che noi consideriamo la cosa dal punto di vista filosofico-teologico espresso da un uomo in un contesto storico culturale cristiano. Infatti, Dante crede fermamente che Muhammed abbia avuto un’originaria formazione evangelica e che abbia in seguito fomentato uno scisma, ipotesi fra l’altro ritenuta molto probabile anche da tanti islamisti contemporanei. Il Cristianesimo poi, per il poeta, è certamente ben riassumibile nell’esclusivo messaggio che è espresso dalla parola-concetto “Amore” (Mt. XXII, 37-40), parola che in sé rappresenta l’unione e l’integrazione di tutto, al di là dei contrasti e opposizioni. In questo senso il Cristianesimo, come dottrina spirituale di Amore, mostra per Dante un valore assolutamente risolutivo. Come è possibile infatti pretendere di rifondare una nuova religione al di là del Cristianesimo/Verbo d’Amore, fede che tutto comprende nel suo sentire e tutto riassume? Questa pretesa non può che essere dunque pura follia o magari solo suprema arroganza. Dire “Amore”, infatti, da un punto di vista religioso, è come tracciare il segno dell’infinito in senso matematico. Quale altro numero si può concepire dopo quel segno, oltre quel segno?…

Per quanto riguarda poi in fine la dibattuta questione dell’omosessualità, dobbiamo dire onestamente e a chiare lettere che Dante (al contrario di quanto afferma Valentina Sereni) non è davvero omofobo. Questo lo capiamo bene se analizziamo non solo l’Inferno (canti XIV-XVII), ma soprattutto la posizione espressa dal poeta nel canto XXVI del Purgatorio a proposito degli spiriti amanti “contro natura” omosessuali e zooerasti che, assieme ai compagni eterosessuali, si preparano a ricevere il premio della salvezza agognata: la gioia dell’Eden e quindi l’accesso al paradiso. Proprio fra tutti i fantasmi dei penitenti della montagna sacra, gli omosessuali, assieme agli altri fra i lussuriosi, mostrano allora così di occupare la posizione morale più alta. Dunque, in materia erotica, Dante poeta cristiano ci svela sempre che quando l’amore è vero e sincero, cioè è un totale superamento del nostro egoismo (radix omnium malorum), è sempre buono e sempre apre le porte dei cieli, sia che nel tempo lui si indirizzi in un modo o forse in un altro. Se animati da un vero amore profondo, anche l’adulterio o il meretricio, in ultima analisi, possono essere santificati e non escludere alcun accesso al regno dei cieli. Certo ci sembra a dir poco uno scandalo, ma rileggiamoci bene, in questo senso, il canto IX del Paradiso e si capirà che il cerchio di Venere è pieno di adulteri e di prostitute… ma non di ipocriti. Il tema amoroso conduce Dante e poi tutto il Cristianesimo vero ad un estremo e modernissimo liberalismo, ad un pensiero che è tolleranza per vari modi di essere e per culture. Il Cristianesimo, prima che una dottrina e una norma, prima che un libro è, semplicemente e sostanzialmente, un sentimento, un sentimento d’Amore. Questo — il fondamento sentimentale e non scritturale — lo differenzia da ogni altro culto.
Paolo e Francesca sono dannati all’inferno non certo per l’adulterio e la colpa carnale, ma invero per la perversa natura del loro sentire: dubbioso, tremante, egoista, superficiale. Infatti… qui autem timet perfectus non est in caritate (I Io. IV, 18). E ciò sarebbe l’inizio di un lungo discorso che ho recentemente affrontato nel mio studio critico in forma di romanzo Inferno. Scandaloso mistero e che non è ora il momento di fare.

A questo punto, mi sento solo di concludere invitando Valentina Sereni e il gruppo “Gherush96” a voler proporre in futuro il poema di Dante in maniera più equa e più consapevole dell’effettivo valore di tutti i pensieri che in esso si esprimono, ciclicamente, sinfonicamente. Io non credo proprio che noi dobbiamo dimenticare, ancora una volta considerando la nostra rivoluzione umanistica, che solo nei secoli bui si è giudicato il passato in modo antistorico, facendo un riferimento ad esclusivi punti di vista presenti e considerando quella che è solo apparenza: la mera lettera delle parole.

Marino Alberto Balducci dirige in Toscana il centro di ricerche dantesche Carla Rossi Academy – International Institute of Italian Studies
(Non-profit entity in collaboration with Harvard University U.S.A. since 1998). È autore di studi critici sull’arte e la letteratura italiane di vari periodi, dal Medioevo al Novecento. Come poeta ha dato voce a esperienze spirituali legate ai suoi viaggi in India e alla sua collaborazione con la University of Delhi. Mario Luzi ha scritto su di lui, prima di morire. Recentemente Balducci ha espresso il suo punto di vista sulla modernità della visione dantesca nel romanzo filosofico Inferno. Scandaloso mistero (“Premio L’Autore/Firenze Libri 2010”), appena pubblicato a Milano e reso disponibile in rete da < Libreria Universitaria.it. >. Fin dal 2007, organizza in Italia e all’estero Evocazioni Dantesche. Un Viaggio nella Divina Commedia (Immagine, Danza, Musica e Parola), un programmi di conferenze-spettacolo & performance art patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

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