La Romagna di Dante Alighieri

La Romagna di Dante Alighieri al Circolo democratico forlivese

10 febbraio 2014 | Eventi | Cultura | Società | Forlì |
FORLI’ – Giovedì 13 febbraio 2014, alle ore 21.00 al Circolo Democratico Forlivese si terrà il singolare appuntamento dedicato a Dante e alla Romagna: “La Divina Commedia in dialetto romagnolo: l’Inferno e il Purgatorio”.
Sarà Gianfranco Bendi, ed insieme a lui l’editore Renzo Casadei, ad animare la serata e araccontare la genesi del libro a cui si alterneranno letture in volgare e romagnolo delle terzine più significative a cura di Franco Palmieri.

Nel corso della serata Marco Viroli e Gabriele Zelli commenteranno una proiezione di immagini riguardanti i luoghi che parlano di Dante in Romagna.

In onore della ricorrenza di San Valentino, al termine verranno declamate in volgare e romagnolo le immortali terzine del Canto V dell’Inferno.

Serata a ingresso libero

Dante passò in esilio gli ultimi vent’anni della sua vita e trascorse la maggior parte di questi certamente in Romagna, dove compose quasi interamente la sua Comedìa. Per questo ci sentiamo di dire che il grande poema poggia profondamente le sue radici proprio qui, in terra di Romagna. Dante iniziò a lavorare alla sua opera più importante intorno al 1300, anno del Giubileo ed egli stesso datò al Venerdì Santo, 8 aprile di quell’anno, l’inizio del suo viaggio nella selva oscura. Il Poeta continuò a scrivere la Comedìa per il resto della sua vita, pubblicando le cantiche man mano che le completava. L’inizio della stesura dell’Inferno è databile intorno al 1305 e, in ogni caso, dopo l’esilio del Poeta da Firenze (1302). Le prime notizie di copie manoscritte dell’Inferno risalgono al 1313. Il Purgatorio fu pubblicato poi nei due anni successivi, mentre il Paradiso, iniziato forse nel 1316, fu divulgato a pezzi, di volta in volta che il Poeta ne completava una cantica.

Dante morì nel 1321, ospite della corte dei da Polenta a Ravenna, città romagnola che ne conserva tuttora le spoglie, con grande fastidio dei Fiorentini. Alla morte di Dante Alighieri le ultime tredici cantiche del Paradiso risultavano però introvabili. I figli Jacopo e Pietro le cercarono per mesi e mesi senza fortuna. Quasi un anno dopo la morte del Poeta, Jacopo sognò il padre vestito di bianco che lo prendeva per mano e lo guidava nella sua casa, indicandogli un punto in una parete. Jacopo rimase molto impressionato da quel sogno e subito chiamò un amico del padre, con il quale controllò accuratamente il muro che gli era stato indicato in sogno. Fu così che vennero rinvenute in una nicchia molte carte, già ricoperte di muffa, tra cui si trovavano proprio quei canti mancanti del Paradiso. Se il Poeta non fosse apparso in sogno al figlio, probabilmente, la Comedìa sarebbe rimasta incompleta.

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