Ieri pomeriggio, proprio davanti a Castel Sant’Angelo, Mario Benedetto Robazza ha inaugurato l’esposizione dei 18 pannelli-bassorilievo ispirati all’inferno dantesco. Un’opera complessivamente lunga 50 metri, un vero kolossal della scultura, che sarà esposta a Johannesburg, in occasione dei mondiali e poi al Parlamento europeo. «Maestro purtroppo piove», gli hanno detto. E l’artista, indicando la sua opera: «E che gli fa? Questo è tutto marmo-resina, non ha problemi con la pioggia». Il vulcanico Robazza è uno scultore romano di nascita e di cuore, ma vicino ai movimenti artistici statunitensi (suo, ad esempio, il monumento a Rodolfo Valentino a Los Angeles) e con la sua battuta ha sintetizzato, umoristicamente, il rapporto, storico, tra l’Alighieri e gli artisti. Un rapporto indistruttibile, per forza e poesia. Il messaggio dantesco, antico eppure nuovo, complesso, ma anche semplicissimo, è sempre d’attualità e oggi lo è più che mai. Lo dimostra il successo delle letture dantesche: giusto sabato scorso Firenze è stata «invasa», nei suoi luoghi storici, da gruppi di lettori che sfidando, anche loro, la pioggia, hanno declamato in pubblico, da Santa Maria Novella a piazza Duomo, l’intera opera. Tra i lettori anche Arnoldo Foà, lo scrittore Francesco Recami, candidato al premio Strega 2010, l’artista fiorentino Riccardo Marasco.

E lo dimostra l’amore per «tutto ciò che è Dante». Seguitissima lunedì a Roma, al Collegio Romano, l’esposizione di una antica edizione miniata della Divina Commedia, della quale la casa editrice Utet ha proprio in questi giorni realizzato, a tiratura limitatissima, un prezioso facsimile. All’inaugurazione dell’esposizione, ieri, Mario Benedetto Robazza ha spiegato il segreto di questo vincolo tra Dante e gli artisti. «Dante è mio amico e fratello – ha detto l’artista – Per realizzare queste sculture sono stati necessari anni, ho passato tanto tempo insieme a lui. Non è facile incamerare quello che vuole dire, ci vuole tempo e pazienza. L’idea di quest’opera mi è nata ascoltando due giornalisti. Uno, italiano, diceva all’altro, americano: la vostra cultura è giovane. E lo statunitense ha risposto: sì, ma la vostra cultura dopo Dante ha fatto poco. Forse aveva ragione. E allora ho voluto dedicarmi all’opera grandissima di Dante».

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