10 dicembre 2010
RAVENNA
Francesco e Dante in una cornice
Domani mattina (sabato 11 dicembre) verrà inaugurato a Ravenna il Complesso Monumentale degli Antichi Chiostri Francescani di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, che ospiterà il Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali, l’Opera di Dante, la biblioteca della Fondazione Enzo Bettiza, oltre all’Archivio storico e la biblioteca della Cassa di Risparmio, Qui sono conservati diverse migliaia di volumi acquisiti o editi nel corso dell’attività dell’Istituto e arricchita dal 1992 dai volumi della Fondazione e comprende volumi di natura giuridica, economica, artistica e storica e alcuni ‘fondi’ fra i quali quello dell’insigne glottologo Friedrich Schürr dedicato al dialetto romagnolo.
La biblioteca della Fondazione Bettiza accoglie invece una raccolta di rara organicità soprattutto del filone culturale europeo di cui lo scrittore e giornalista Enzo Bettiza rappresenta uno dei massimi studiosi. Il restauro attuale valorizza i due bellissimi chiostri cinquecenteschi e ricompone quella organica unità «tutta piena di cose e di memorie» che riunisce in un’unica cornice la chiesa di San Francesco dove si celebrarono i funerali di Dante, il convento dei Francescani che tanta parte ebbero nella vicenda delle ‘ossa di Dante’, il muricciolo nel quale le ossa furono nascoste dopo la partenza dei frati e la Tomba del Poeta. La città di Ravenna, che ha posto la propria candidatura per diventare «capitale europea della cultura», riacquista oggi uno dei suoi angoli più suggestivi non solo per le memorie che racchiude ma anche per l’eleganza architettonica. Un luogo, come ha scritto il professor Umberto Foschi, che rasserena lo spirito e «che riempie l’animo di dolcezza, specie a sera, quando dal vicino campaniletto la campana offerta dai Comuni d’Italia suona l’Avemaria».
La campana diffonde i suoi rintocchi ogni sera nell’ora «che volge il disio ai naviganti» e sembra voler ribadire l’anima dantesca di Ravenna, una città che ha tenacemente conservato le spoglie del Divino Poeta che ora riposano nel tempietto accanto al complesso monumentale restaurato. All’inizio del Cinquecento, infatti, alcuni fiorentini, fra i quali Michelangelo Buonarroti, avevano chiesto a papa Leone X l’autorizzazione di recarsi a Ravenna per riportare in patria le spoglie del loro illustre concittadino, ma grande fu la sorpresa quando, aperta l’urna sepolcrale, la trovarono vuota. La cosa fu tenuta in gran segreto dai fiorentini e anche dai ravennati, ma da quel momento cominciò a diffondersi la voce che il sepolcro di Dante fosse vuoto. La diceria giunse anche al cardinal legato Luigi Valenti Gonzaga che nel 1780 aveva commissionato all’architetto ravennate Camillo Morigia il disegno del nuovo sepolcro di Dante e lo stesso cardinale, con l’intenzione di porre fine alle dicerie, fece riaprire di nuovo l’urna, che anche quella volta si presentò vuota. Ai muratori che scoprirono l’urna e ai pochi presenti che avevano assistito alla ricognizione fu fatto giurare solennemente di non parlare a nessuno dell’accaduto.
Trascorrono una ottantina di anni e nel 1865 il Comune di Ravenna decide di avviare alcuni lavori per riqualificare la zona intorno alla Tomba di Dante in vista delle solenni celebrazioni per il sesto centenario della nascita del poeta e in quell’occasione venne scoperta per caso, nascosta nell’incavo di un muro, la preziosa cassetta che conteneva le ossa di Dante. Le ossa, infatti, all’inizio del Cinquecento, erano state trafugate e poi nascoste dai frati francescani per sottrarle alla pretesa dei fiorentini, che in altre occasioni avevano richiesto al Comune di Ravenna di portare a Firenze le ossa di Dante. Grazie ai Francescani, dunque, la città di Ravenna può vantare fra i suoi preziosi tesori anche le spoglie di Dante, oggi inserite in questo restauro che valorizza la cosiddetta «Zona del Silenzio», un luogo di grandi suggestioni creato negli anni Trenta per onorare l’Altissimo Poeta.
Franco Gabici
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