La Divina commedia in dialetto veneto?

«È già a disposizione dei lettori dal 2010, edita dal Comune di Zevio. Si tratta di 560 pagine, di formato 17 per 24 che riportano la traduzione della celeberrima opera di Dante, fatta da uno zeviano tra il 1966 e il 1973: Libio da Santa Maria, pseudonimo di Antonio Libio Isolani, vissuto tra il 1914 e il 1980. Probabilmente la traduzione è molto più vicina a noi rispetto a quella di Giuseppe Cappelli di 139 anni fa, perché in dialetto veronese e non veneto».
Zevio non è secondo a nessuno nella vicenda della Divina commedia in vernacolo spuntata dalla biblioteca del vicentino Graziano Rezzadore. È stata subito definita «primo e unico caso al mondo di traduzione della Commedia in lingua veneta».
Il sindaco Diego Ruzza ha sulla scrivania il tomo cartonato che assorbì tre anni e mezzo di tempo al professore di lettere Renzo Piglialepre, nel 2010 curatore per conto del Comune dell’edizione zeviana dell’opera del sommo poeta in «lengua» veronese. Intanto l’opera di Cappelli ha entusiasmato i «dantisti scaligeri» dell’Est scaligero al punto da cercare un editore disposto a scommettere sul testo veneto e così soddisfare le aspettative di possederne copia.
Il sindaco Ruzza giura di non essere animato da vis polemica ma di puntare alla realtà dei fatti. «La versione di Libio intitolata “Divina Comedia de Dante Alighieri tradota in lengua veronese», presentata in diverse occasioni, già sta ottenendo grande successo. Molti veronesi, infatti, ci hanno chiesto copia del lavoro a suo tempo fatto da Libio, e ciò ci inorgoglisce», afferma Ruzza. Al governatore Luca Zaia che ha plaudito alla «Comedia» di Cappelli come opportunità «per stimolare le giovani generazioni alla conoscenza della cultura, delle tradizioni e della lingua veneta, a volte non sufficientemente presenti nei programmi scolastici», il sindaco annuncia: «A Zaia invierò copia del capolavoro nostrano già pronta all’uso».
Il professor Ezio Galbero di Vallese, per anni collega di Piglialepre nella scuola media Altichiero di Zevio, premette d’aver conosciuto Libio da Santa Maria quand’era maschera al teatro Ristori di Verona. «Lui», dice Galbero, «era una persona molto modesta e io, all’epoca, non sapevo della sua vocazione poetica e dell’attaccamento a Dante».
Il professore, poi, esclude campanilismi e afferma: «Qui si tratta di non dimenticare l’impresa cui Libio dedicò quasi 8 anni di vita. Successivamente l’encomiabile dedizione di Piglialepre nell’interpretare e sistemare quegli scritti, peraltro a noi veronesi sicuramente più comprensibili rispetto al dialetto veneto quanto a vocaboli. Infine l’impegno economico sostenuto dal Comune nel dare alle stampe l’opera. Ciò per rimarcare che la Comedia di Cappelli non è unica al mondo».
Il professore, quindi, tesse le lodi di Libio da Santa Maria: «È stato un fenomeno: pur avendo una preparazione scolastica di base, ma grazie alla conoscenza della lingua veronese e alla grande passione per Dante, Libio ha interpretato passaggi complessi della poesia del sommo poeta attraverso modi di dire, immagini e combinazioni di termini che testimoniano la sua grandezza». Piglialepre ha presentato la «Divina comedia in lengua veronese» al Caffè Dante in Piazza dei signori, al Circolo Barbarani, all’associazione Conosci Verona, nelle università del tempo libero di Caldiero, San Martino, Caprino e, ovviamente, Zevio. P.T.

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