Ravenna, 13 marzo 2021 – Dopo quasi un ventennio di gestazione, a maggio – salvo imprevisti – arriverà il primo ciak. Pupi Avati comincia finalmente a girare il suo film su Dante, ambientato fra Firenze (in gran parte) e Ravenna. Il regista aveva già annunciato l’anno scorso che avrebbe toccato vari luoghi della città, da San Vitale a Sant’Apollinare, nella pineta e nelle valli, “luoghi descritti nell’opera dantesca”.
Ma il regista bolognese non ha ancora trovato chi interpreterà il suo Dante (saranno però tre attori diversi, per le varie età del poeta).

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Avati, dove la conduce il viaggio sui luoghi di Dante?
“Inizieremo le riprese nel Lazio, per spostarci poi a Firenze e in molti altri luoghi della Toscana e naturalmente a Ravenna. E poi saremo a Cinecittà, dove ricostruiremo parte della Firenze che non c’è più. La Firenze angusta, buia, con le case l’una addossata alle altre, con ponticelli che collegano lo stesso appartamento da un vicolo all’altro, non certo la città della grandi prospettive architettoniche rinascimentali”.
Cosa le interessa principalmente di Dante?
“Mi interessa soprattutto la seduttività di un ragazzo che ha vissuto un’adolescenza nel dolore. A 5 anni ha perso la madre, a 9 si innamora follemente di una bambina coetanea, che lo saluterà solo dopo altri 9 anni. Una bimba che sposa un altro e che muore giovane. La stessa che lo convince ad affidarsi alla poesia, che in lui sgorga in un modo incredibile. Ecco, questo testo è la password per avvicinarci a Dante non in un modo istituzionale o come si faceva a scuola, almeno quella dei miei tempi, che ha fatto di tutto per rendercelo distante, un personaggio inesplicabile, con un’iconografia indecente…”
In che senso?
“Nel senso che ce lo hanno consegnato con una bruttezza senza pari, con quel profilo e quel naso. Non c’è un’immagine di Dante frontale, con i due occhi: è sempre nel suo aspetto peggiore. Forse per farlo diventare un personaggio consapevole del suo valore e risentito. Io invece cerco di renderlo estremamente seducente”.
E come ha fatto?
“Siccome è difficile, ho cercato la mediazione di un intellettuale di quel tempo, il primo grande innamorato di Dante, il primo dantista della storia della nostra lingua e letteratura che è Giovanni Boccaccio”.
Che sarà interpretato da Sergio Castellitto. E Dante invece, da chi sarà interpretato?
“Ci saranno tre interpreti, per tre età diverse, a 5, 9 e da adulto. E li stiamo ancora scegliendo”.
Secondo lei Firenze ce la farà mai a rimediare ai torti che ha fatto forse al suo cittadino più illustre?
“Ma probabilmente questa è stata una componente essenziale. Col mio film cerco di raccontare come l’emarginazione e il dolore siano condizioni e essenziali per produrre eventi poetici, sensibilità poetiche”.
Ma non ci riuscirà…
“No, malgrado la sua Commedia che entra nelle dismisure, come la Cappella Sistina. Due opere concepite e realizzate da una persona sola, da una sola energia, non da una squadra. Dante poi si trova nelle condizioni più disperate, anche di miseria e di pericolo, perché vive perennemente con l’angustia di essere o bruciato vivo o decapitato”.
Sono tanti anni che pensa di realizzare questo film…
“Sono 17 anni che ci provo”.
Forse è stata una buona occasione l’anniversario dei 700 anni dalla morte dell’Alighieri?
“Beh, proprio quest’anno non potevano continuare a dirmi di no. In questi giorni vanno in onda la vita di Nada, di Carosone e di Totti… sulla vita di Dante non si era mai girato niente”.
Come lo spiega?
“Perché quando parli e proponi Dante mandano tutti gli occhi al cielo, pensano che sia qualcosa di stantio… non so. E d’altra parte capisco perchè nessuno ci abbia mai provato o abbia insistito più di tanto: perché fare un film sulla sua vita significa misurarsi con l’ineffabile. La sua esistenza presenta aspetti misteriosissimi, inestricabili. Mentre tutto sommato la vita di Carosone, bene o male la puoi scrivere e condividere senza troppe difficoltà”.