Primo tra i cicli di Lecturae Dantis che la Classense dedica a Letture e lettori di Dante, la serie di conferenze e lezioni dell’autunno 2009 affronta alcuni tra i più significativi episodi o autori della diffusione e della correlata ricezione e interpretazione dell’opera dantesca dell’età umanistica e rinascimentale, aprendo a suo modo la strada al ciclo in programma per la primavera 2010, sul Sei e Settecento, dedicato, invece, alle principali aree linguistico-culturali in cui l’opera stessa di Dante è stata accolta, interpretata, imitata… sovente influendo più o meno profondamente sul gusto, sui modi e sulle tecniche letterarie, oltreché – per il tramite altresì di molteplici traduzioni – sulla lingua e, non di rado, sull’iconografia stessa, rinnovata dal desiderio di molti artisti, anche di primissimo piano, di interpretare Dante illustrandone la figura, gli scritti, o la vita.
Partendo dal primo, vero (e grande) dantista, il Boccaccio, e dalla sua lettura della Vita nova – cui Guglielmo Gorni dedica la prima lezione – e proseguendo con le Biografie umanistiche di Dante – studiate da Johannes Bartuschat proprio in quanto letture della personalità e dell’opera dantesche – si passa alle Città dell’esilio (Firenze, Parigi, e Verona) che Marcello Ciccuto legge, evidentemente servendosi anche di precise autoletture dantesche, alla stregua di città non meno ideali, o idealizzate, concretamente conosciute o praticate da Dante. E si prosegue poi con le Dispute linguistiche cinquecentesche – ripercorse da Laurent Vallance alla luce dell’interesse e dell’uso, che di Dante venne allora fatto soprattutto negli ambienti dell’Italia letteraria ed erudita del tempo – per, infine, concludere con il Monarchia – di cui Francesco Furlan ridisegna la ricezione e l’interesse anche di parte con cui lo si cercò e lesse nei secoli XIV e XV, mentre Paolo D’Alessandro propone complementariamente un’approfondita riflessione filologica e critica su uno dei primi e principali momenti della ricezione, quello del Commentarium ghibellino dedicatovi da Cola di Rienzo alla metà del Trecento.
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